Comunicazione Espressiva

Nell’ambito dei Laboratori sugli stili di comunicazione: “La comunicazione dalla A alla Z” è nato il nuovo laboratorio di Comunicazione Espressiva.comunicazione espressiva

Darsi l’opportunità di sviluppare la propria “comunicazione espressiva” può essere un obiettivo che sentono fortemente molte persone. Non riguarda solo chi ne ha bisogno per le peculiarità della propria professione ma anche per chi vuole, esprimendosi, coinvolgere chi gli sta vicino e condurlo all’interno della sua particolare visione, emozione o esperienza vissuta.

Si tratta di rispondere ad un’ esigenza personale, quindi, un bisogno che si può tradurre come l’impellenza di contattare e risvegliare la propria capacità immaginifica ed emotiva di esprimersi. Comunicare con gli altri utilizzando appieno sè stessi attraverso la propria voce, respiro, corpo e spazio.

Dal racconto di una favola ad un figlio, alla condivisione di un’esperienza importante per noi, alla lettura di un testo che ci ha cambiato la visione del mondo, ma  anche la spiegazione di una ricetta piuttosto che di una procedura tecnica, qualsiasi cosa che ci appartenga e che riteniamo importante  ci dà l’occasione  riproporre, narrare e condurre l’interlocutore attraverso quella che è la nostra personale visione e del mondo.

Da non confondere con la recitazione, la “Comunicazione Espressiva” ha come oggetto “sè stessi” e ciò che ci appartiene di natura, idee, pensieri, emozioni, ricordi, ed ha come obbiettivo quello di far crescere le proprie relazioni con le persone con cui condividiamo la nostra quotidianità. Con “Comunicazione Espressiva” si intende la realizzare una comunicazione più aderente ed efficace.

Public Speaking Dinamic

Public Speaking Dinamic_Associazione Culturale Fantalica

 

Public Speaking Dinamic

public speaking 2

“Presenti tu alla conferenza domani! Preparati!”
“A breve ci sarà un convegno per noi molto importante. È arrivato il momento di dimostrarci chi sei!”

In casi di impegni importanti e spesso lavorativamente fondamentali, dopo la gioia e l’entusiasmo della conquista cominciamo a sentire crescere in noi uno stato di ansia sempre maggiore:
Oddio, dovrò parlare al microfono davanti a tutti!
Le mani cominciano a sudare.
I battiti cardiaci si accelerano improvvisamente.
La voce si strozza in gola.
E se mi dimentico le parole?

La maggior parte delle persone prova vergogna nel parlare in pubblico, ci si sente inadeguati e il nostro vocabolario sembra sempre troppo misero..
Per altri la paura è solo quella del microfono.
Per alcuni diventa una situazione molto catartica.

Spesso è difficile sapere come parlare e muoversi nello spazio di fronte a un grande pubblico di uditori e altrettanto spesso ci si dimentica che la gestualità e la comunicazione non verbale sono più importanti di ciò che siamo tenuti a dire.
Come nella vita servono sia il cuore sia il cervello, nel public speaking contano sia il contenuto (cosa si dice), sia il contenitore (come lo si dice).
Scegliere le parole giuste non basta per diventare degli ottimi oratori!

Senza nemmeno accorgercene proiettiamo su noi stessi le aspettative de pubblico senza tener presente che quest’ultimo, ha delle aspettative sue, diverse dalle nostre. E allora, che fare?
L’arte del parlare in pubblico, purtroppo, non è un dono di tutti. Ma perché arrendersi alle prime difficoltà?
Il Public Speaking è un’abilità che si impara con un po’ di tecnica e tanto esercizio. Quindi tranquilli, nulla di impossibile!

Ad esempio, l’Associazione Culturale Fantalica, ha attivato un percorso formativo dedicato al public speaking, alla comunicazione e alla dizione. Si tratta di moduli diversi che ti aiuteranno ad affrontare diverse necessità legate a queste abilità.

Il prossimo appuntamento sul Public Speaking proposto dall’Associazione è un workshop rivolto a tutti coloro che hanno voglia di approfondire un po’ di più questo tema e hanno già frequentato almeno un corso di Public Speaking o di recitazione teatrale.

Se ti rispecchi in tutto questo e vuoi saperne di più, clicca qui!

Seminario di vocalità e dizione

Seminario_Il potere della Voce

DATA:
sabato 15 luglio 2017

LUOGO:

Via Giovanni Gradenigo 10, Padova

La voce è un vero e proprio strumento espressivo. Tutti la utilizzano, ma in pochi la conoscono bene, perdendosi così la possibilità di utilizzare al meglio per sfruttare al meglio le proprie potenzialità espressive e comunicative. Molto spesso ci si rende conto di quanto una migliore espressione avrebbe reso più appaganti, efficaci e fluide mote esperienze relazionali e professionali.

Il seminario si inserisce in un percorso formativo della propria espressività legato alla voce e alla dizione.  Grazie a questa esperienza seminariale sarà possibile iniziare un percorso esplorativo ed espressivo pratico.

Durante il laboratorio verrà effettuato un lavoro di impostazione vocale con l’utilizzo della respirazione diaframmatica. Si giungerà poi ad un lavoro articolatorio in cui l’allievo andrà ad impostare le varie consonanti e i vari suoni vocalici all’interno del palato.

Obiettivi:

Rendere cosciente l’allievo di quelle che sono le problematiche che si devono affrontare ogni qualvolta si abbia la necessità di centrare la propria voce e le proprie potenzialità vocali.
Come usare la respirazione costo-diaframmatica, per dare più corpo ed intensità alla voce.
Rendere cosciente l’allievo delle caratteristiche della propria dizione, difetti e potenzialità.
Pulire la propria dizione o, se si lavora scenicamente, la dizione del proprio personaggio.

Attività proposte:

Durante il laboratorio verrà effettuato un lavoro di impostazione vocale con l’utilizzo della respirazione diaframmatica. Si giungerà poi ad un lavoro articolatorio in cui l’allievo andrà ad impostare le varie consonanti e i vari suoni vocalici all’interno del palato.


IL RESPIRO CHE DIVENTA SUONO- DAI FONEMI ALLA PAROLA.

In una prima fase del laboratorio verrà effettuato un lavoro di training respiratorio. In questa fase l’allievo andrà a prendere contatto con le varie parti del corpo, cercando di comprendere qual è il suo movimento respiratorio naturale.  Successivamente dovrà poi imparare a respirare utilizzando la respirazione costo-diaframmatica (respirazione che viene spesso utilizzata nell’interpretazione teatrale).

In una seconda fase si andrà a lavorare sulla dizione, impostando le vocali a livello palatale con le aperture e le chiusure che i suoni vocalici della lingua italiana richiedono. Successivamente si andranno ad impostare le consonanti a livello prepalatale, palatale, bilabbiale, labbiodentale, dentale, velare ed alveolare…

Destinatari:

Il seminario è rivolto a chi utilizza la parola e la dizione nell’ambito dell’interpretazione teatrale, cinematografica e radiofonica e chi, nella propria attività professionale, deve relazionarsi attraverso l’uso del corpo e della voce con un’utenza di vario genere.
Agli aspiranti attori, speaker, presentatori.
A chi per professione deve esprimersi in modo efficace.
A chi desidera migliorare la pronuncia, perdere inflessioni dialettali.

      

Durata    6 ore                                                                                            
Lezioni 1 giornata
Giorno sabato 15  luglio
Orario 10.00-13.00 / 14.00-17.00
Iscrizioni  fino al 01/07/2017

Docente:

Riccardo Michelutti            

Si diploma come attore nel 1994 presso l’Accademia Naz. d’arte drammatica “Silvio D’Amico” di Roma.
Ha collaborato come insegnante di dizione presso l’Accademia d’arte drammatica “Nico Pepe” di Udine e come insegnante di interpretazione presso la scuola di teatro “A. L’Avogaria” di Venezia.

Attualmente  collaborando a Vicenza con  l’Associazione teatrale “Theama Teatro”  insegnando presso il teatro Bixio e dirige la compagna del “Teatro Improprio”associata presso il teatro “San Marco” di Udine.

…per ulteriori info…

Associazione Culturale Fantalica

ORARI
dal lunedì al venerdì
10.00-15.00/16.00-20.00

CONTATTI
tel. 0492104096,
cel. 3483502269
mail. fantalica@fantalica.com

Prendersi cura delle proprie relazioni rende più felici

easterlinIl concetto espresso dalla frase «la ricchezza non produce la felicità» è dibattuto fin dai tempi antichi. Aristotele: “È chiaro che non è la ricchezza il bene da noi cercato: essa infatti ha valore solo in quanto “utile”, cioè in funzione di qualcos’altro.

Quasi tutte le ipotesi per spiegare cosa rende felice l’uomo rimandano più o meno direttamente alla necessità “economica” di inserire nell’analisi delle ricchezze un’altra categoria di beni: i beni relazionali.

Per beni relazionali si intende il patrimonio inerente l’ambito familiare, affettivo e civile della partecipazione alla vita sociale/volontariato e politica della propria comunità.

È interessante osservare che molte ricerche mettono in luce che per i beni relazionali, come ad esempio il matrimonio, dei figli, gli amici, i rapporti legati all’occupazione lavorativa, …  l’adattamento e delle aspirazioni non è totale e la felicità, (o infelicità nei casi negativi), pur diminuendo nel tempo rimane comunque più elevata.

Sarebbe poi, secondo molti, da considerare nell’analisi economica anche il patrimonio ambientale su cui confluiscono gran parte delle “esternalità” negative, (inquinamenti di vario tipo e consumo delle fonti non rinnovabili), non conteggiate nel bilancio della logica economica del mercato.

Ci sono cioè dei beni che il denaro è capace di comprare e spesso sacrificati al fine di conseguire il reddito monetario necessario per acquistare i “beni di consumo”, (si pensi al tempo crescente che le attività lavorative rubano alle relazioni familiari e ai rapporti di amicizia).

Rappresentazione matematica del paradosso di Easterlin relativo alla felicità.

Se indichiamo con:

F”: la felicità di un individuo (considerandola una variabile misurabile cardinalmente),

I”: il reddito (inteso come mezzi materiali),

R”:  i “beni relazionali”,

e ignoriamo altri elementi importanti, possiamo scrivere:

F = f(I,R)

grafico

Possiamo esprimere cioè la felicità come una funzione del reddito individuale e beni relazionali. Se è vero e ragionevole supporre che l’effetto complessivo del reddito (I) contribuisce direttamente alla felicità soprattutto per bassi livelli di reddito, bisogna anche considerare che, dopo aver superato una certa soglia, questo può diventare negativo poiché l’impegno per aumentare il reddito (assoluto o relativo) può produrre sistematicamente effetti negativi sui beni relazionali, sulla qualità e quantità delle nostre relazioni, (ad esempio a causa delle risorse eccessive che impieghiamo per aumentare il reddito e che sottraiamo ai rapporti umani), e quindi, indirettamente, potrebbe smorzare, o addirittura ribaltare l’effetto totale diminuendo la felicità. Le diverse ipotesi prima illustrate, insieme ai nostri limiti cognitivi e ai condizionamenti sociali spiegano perché inconsapevolmente non ci comportiamo razionalmente e superiamo il punto critico.

 Conclusioni:

Una delle macroconclusioni sembra essere quindi che ricchezza, (o utilità), e felicità (o benessere sociale), non sono la medesima cosa, perché per essere più felici non basta cercare di aumentare l’utilità, (prodotti, beni, servizi), bensì, almeno in maniera prevalente, è necessario addentrarsi nella sfera della relazione tra le persone.

Tra le tante soluzioni proposte, lo stesso Easterlin suggerisce che, poiché ciascun individuo possiede un certo ammontare di tempo da allocare tra diversi domini monetari e non, quali:

  • Reddito e beni materiali,
  • Famiglia,
  • Stato di salute,
  • Lavoro,
  • Stabilità emotiva,

Per aumentare la propria felicità, sarebbe meglio destinare il tempo a quei domini in cui l’adattamento alle novità e o il confronto sociale sono meno importanti, ad esempio nei beni relazionali o “beni non posizionali”. È un po’ come dire che “per essere felici bisogna essere almeno in due”.

Buona riflessione

Massimo

Comunicazione efficace: Contenuto/Relazione

paperi_litigio

Il marito mentre, era solo in casa, aveva ricevuto una telefonata interurbana da un amico che gli aveva detto che doveva venire da quelle parti per qualche giorno. Il marito si era subito offerto di ospitarlo sapendo, che anche sua moglie sarebbe stata lieta di averlo come ospite e che, se si fosse trovata lei a rispondere al telefono, gli avrebbe fatto lo stesso invito. ​

Ma quando la moglie era tornata a casa avevano litigato aspramente per quest’offerta di ospitalità che il marito aveva fatto.  Il problema fu esaminato assieme ad un amico che con molta arguzia arrivò ad evidenziare due punti.

Sia il marito che la moglie erano d’accordo nell’ammettere che invitare l’amico è la cosa più giusta e naturale da farsi.  Ma la loro perplessità sorgeva quando dovevano prendere atto che da un lato erano d’accordo ma poi chissà perché non erano d’accordo su quello che sembrava essere lo stesso punto.

I punti in questione, infatti, erano due. Uno riguardava come agire adeguatamente in una data situazione pratica, (nella fattispecie, l’invito), e su questo punto era possibile comunicare serenamente in quanto entrambi erano d’accordo. L’altro punto, riguardava la relazione tra i coniugi, nella fattispecie se e chi aveva il diritto di prendere un iniziativa senza consultare l’altro. Questo secondo punto rappresentava la questione, fonte dl litigio.

La questione non era affatto facile da risolvere perché, l’invito all’amico, aveva fatto emergere un’area della relazione in cui i due non si erano ancora messi a confronto, e in perda al conflitto, i due litigavano in quanto entrambi non erano in grado di di discutere nel merito dell’accaduto e su come gestire situazioni simili in modo soddisfacentemente.

Attraverso questo semplice esempio reale è facile quindi comprendere quanto, nei rapporti interpersonali, la comprensione e condivisione di un punto di vista non sia sufficiente per considerare una comunicazione efficace.

In sintesi non è possibile disgiungere una comunicazione dal contesto del rapporto in cui essa fluisce.

Buona riflessione

Tema trattato durante il corso di Comunicazione Base.